Carmelo Rifici, direttore della scuola del Piccolo Teatro di Milano e di Lugano In Scena-Lac, inaugura la stagione dell'Arena del Sole di Bologna con "Purgatorio", testo di Ariel Dorfman. In scena Laura Marinoni e Danilo Nigrelli che tra violenze e destini segnati da crisi epocali reinterpretano il mito di Medea.
Inaugura la stagione dell’Arena del Sole di Bologna Purgatorio, il nuovo lavoro di Carmelo Rifici, direttore della Scuola del Piccolo di Milano (dove è succeduto a Luca Ronconi) e di Lugano In Scena-Lac, regista tra i più talentuosi della sua generazione. Lo spettacolo in scena in prima assoluta dal 10 al 13 novembre, è prodotto da Lugano In Scena-Lac ed Ert-Emilia Romagna Teatro.
L’ultima creazione di Rifici è tratta da un testo di Ariel Dorfman, scrittore consigliere culturale di Salvador Allende, da sempre impegnato nella difesa dei diritti umani, che in Purgatorio riprende il mito di Medea e gli ingredienti della tragedia classica e scrive un’opera teatrale sulla violenza e la crudeltà. Lavoro di grande intensità, il suo Purgatorio è un luogo astratto – uno strano ambiente da cui si può sì uscire, ma in cui si ritorna comunque – dove un uomo e una donna devono confrontarsi con le verità della loro vita e, attraverso le parole e i ricordi, tentare di redimersi da un tragico destino.
Sul palco un’attrice cara a ERT Laura Marinoni e un raffinato interprete Danilo Nigrelli sono i protagonisti di Purgatorio, accompagnati dalla soprano Sandra Ranisavljevic e con inserti video di Roberto Mucchiut.
Tra violenze e destini segnati da crisi epocali come le migrazioni, "il mito di Medea e di Giasone - scrive Rifici - è ancora oggi spaventosamente importante. Medea, la straniera, si vendica di un Occidente che non le riconosce il suo status quo, la sua identità di diversa", ma chi è responsabile della sua violenza o "dell'esodo di vittime che si muovono verso un Occidente che li teme?".
Dorfman crea un meccanismo di suspense, dove è impossibile riconoscere la vittima e il carnefice, poiché i due personaggi sono entrambi sia vittima che carnefice. Il dubbio è evidente: ognuno dei due è istigato dall’altro, all’inizio in veste di psichiatra, a raccontare la propria storia, ad analizzare i fatti compiuti. Un meccanismo che tenderà a mettere spalle al muro i due protagonisti, in un gioco serrato di accuse, riflessioni, attacchi e difese, in modo da svelare l’autentico antidoto contro ogni assurda violenza: la capacità di perdonare.
Siamo in un ambiente strano, enfatizzato dalle scenografie di Annelisa Zaccheria e dai video di Roberto Mucchiut, un luogo di espiazione per tornare a vivere, simile a un carcere, a un manicomio: «il tempo non va avanti come pensiamo noi, ma gira all’infinito, ci perseguita, si ripete nei modi più strani». Il dialogo tra i due protagonisti è teso e incalzante, poiché la vicenda è la storia di un tormento, anche se Medea, la maga che si vendica in modo terribile dell’amante traditore Giasone, perde i suoi tratti mitici: è una Medea di oggi che ha perso l’antica altezza; entrambi sono fragili, umani, e degli antichi personaggi mantengono solo qualche tratto linguistico, in un impossibile tentativo di recupero del passato.
La Medea contemporanea di Rifici è ambientata in un sospeso Aldilà, che diventa semplicemente una straniera che ha ucciso i figli per vendicarsi del marito fedifrago. Dichiara Rifici: «Ci siamo ispirati all’ironia surreale di certi film di Almodóvar e a Kubrick per le parti violente».
Dopo il debutto bolognese lo spettacolo prosegue la sua tournée dal 17 al 20 novembre al Teatro Storchi di Modena e al LAC di Lugano il 22 e 23 novembre.